Partecipanti della 5a edizione
Titolo per titolo ecco chi concorre
Titolo per titolo ecco chi concorre
Testi di Davide Longo, illustrazioni di Guido Scarabottolo, Corraini edizioni
Il titolo, lunghissimo, non tragga in inganno: sintetizza un racconto agile, leggiadro in qualche pagina, tutt’altro che ponderoso. Nell’essenzialità è un quasi manifesto dei vignaioli indipendenti, oltre milleseicento, che sono, e speriamo di dirla giusta, coloro che creano vino dalle loro vigne e che se lo vendono, quindi, facendoli parlare così come si legge nella prima pagina, «Siamo contadini, produttori di vino, comunicatori, venditori». E in questo libro si svelano con una trama di certa originalità affidandosi alla collaudata scrittura di Davide Longo e alle illustrazioni di Guido Scarabottolo.
di Giuseppe Baldassarre, Espera
di Giuseppe Baldassarre, Editrice L’Immagine Molfetta
Giuseppe Baldassarre è un signor medico, con più di una specializzazione, docente su incarico all’università di Bari, autore di oltre duecentocinquanta pubblicazioni scientifiche. E gli piace il vino, ma gli piace così tanto che tra un impegno e l’altro come medico, si diletta a scrivere di vino: in quest’ambito la sua penna corre veloce, anzi velocissima, considerato che a questa quinta edizione del premio concorre con ben due titoli. Il primo è dedicato al Negroamaro, uno dei grandi vitigni del Meridione del quale si raccontano la storia, le peculiarità e la rinascita. L’altro ha come protagonista un vitigno, il susumaniello del titolo, la cui origine è ancora avvolta nel mistero e che da comparsa qual era perché utilizzato soltanto come vino da taglio s’è svelato straordinario nella sua trasformazione in rosato.
di Laura Donadoni, Slow Food editore
Laura Donadoni è una bella signora bergamasca che ha fatto della California la sua seconda patria; che sa tanto, anzi tantissimo, di vino; che sa scrivere, qualità non troppo frequente tra i molti che della scrittura hanno fatto la loro professione. Tant’è vero che s’è portata a casa il premio Biblioteca Bruno Lunelli seconda edizione. Ci riprova a vincere con un un libro molto intelligente nel quale si parla di signore che hanno creato etichette entrate nella storia e di altre che in un modo o nell’altro hanno a che fare con il vino. Che, confessa Donadoni, altro non è che «un pretesto per parlare di società, di tempi che cambiano, di esseri umani».
di Nicola Gabellieri, Arturo Gallia, Eleonora Guadagno, Società geografica italiana
«Ci sono una geografa napoletana, un geografo romano e un geografo tosco-trentino che si ritrovano al bar davanti a un bicchiere di vino…». Questo incipit, spiegano ironicamente, ma forse no, gli autori, «può benissimo costituire l’epigrafe» del volume nel quale si narra un’escursione nel paesaggio vitato italiano, circa settecentomila ettari stando alle stime Istat del 2020. Da un’analisi che coinvolge tutto il paese, gli autori scendono poi nei particolari con minuziosi resoconti di viaggio tra le vigne in Trentino, Lazio e Campania, le tre regioni nelle quali, operano come ricercatori
di Serena Festini Sughi, Cierre edizioni
Il Veronese vuol dire, parlando di vini, un’esuberanza di doc e una valanga di etichette. Vuol dire: Amarone, Recioto, Valpolicella, Bardolino, Soave, Custoza, Lugana e altri ancora che c’è da perderci la testa. Serena Festini Sughi, che è l’autrice di questo volume, la testa non l’ha persa e con la pacata disinvoltura della guida enoturistica e la cultura che le viene dall’essere sommelier accompagna il lettore di valle in valle e di luogo in luogo a conoscere i vini di Verona, raccontandone la storia, dipingendo i sistemi di coltivazione della vite e spiegando le tecniche di produzione.
a cura di Luciano Tirinnanzi con il contributo di Ernesto Gentili, Paesi edizioni
Bolgheri è un coriandolo, un coriandolo pitturato da vigneti che valgono più dell’oro. Bolgheri è talmente piccolo che non fa neanche comune, è frazione di Castagneto Carducci che si chiama così, guarda caso, per via di Bolgheri perché il Giosuè da bambino abitò lì e diventato grande dedicò al luogo anche una poesia, i cipressi che… Bolgheri è anche, anzi soprattutto, una doc, e che doc!, una gemma del vino italiano. E questo libro lo racconta in lungo e in largo, ne fa un po’ la storia, svelando segreti che poi tanto segreti non sono, e spiega chi sono tutti, ma proprio tutti, gli interpreti della Bolgheri del vino
di Angelo Peretti, Edizioni Ampelos
Peretti gode fama di essere una delle penne più brillanti tra coloro, tanti tantissimi un esercito che s’ingrossa di giorno in giorno, che scrivono di vino. E poiché, come rileva nel proemio, «più sono andato avanti a occuparmene, per professione o per svago, più mi sono persuaso che bere il vino rappresenti una specie di esercizio spirituale simile, per certi versi, a quello praticato dai filosofi che riflettono sul senso dell’esistenza», ha trasferito in questo libro le sue considerazioni che possono anche prescindere dal vino ma al vino si accompagnano sempre.
di Agnese Di Noia e Teresa Garofalo, Gelsorosso
Una, Agnese, è insegnante, l’altra, Teresa, è ostetrica. Una è bruna e l’altra bionda. Entrambe hanno una passione per il buon bere che le ha spinte a diventare prima sommelier e poi degustatrici e docenti. Inevitabile lo sbocco in un libro a quattro mani chiamato a raccontare qualcosa delle loro esperienze. Ed eccola la loro comune fatica di scrittrici in un titolo sopra il quale sventolano le bandiere di moscati e malvasie creati in tutt’Italia. Di Noia e Garofalo non si limitano a dire delle loro sensazioni, di moscato, malvasia, aleatico, passito e così via raccontano anche storia e leggenda.
di Stefano Cosma e Angelo Costacurta, Kellermann
Kellermann è una benemerita casa editrice di Vittorio Veneto che al vino, con la collana Grado Babo, dedica non pochi titoli l’anno, e tutti di bell’interesse, il che spiega anche il nome: Kellermann in tedesco è uomo della cantina. Tra le ultime apparizioni in libreria c’è questo Tazzelenghe che è poi un vitigno autoctono a bacca nera del Friuli, originario della zona collinare di Buttrio e Cividale, in provincia di Udine. Se giovane il Tazzelenghe è come suggerisce il senso di questa voce in friulano: taglia la lingua. Invecchiato assurge a grandissima personalità.
di Gianni Moriani, Cierre edizioni
Se Ludwig Feuerbach filosofava che «l’uomo è ciò che mangia», Gianni Moriani, storico della cucina e del paesaggio agrario italiani, sembra consentire con il grande filosofo tedesco aggiungendo che «l’uomo è ciò che beve» e si dà da fare per dimostrarlo con tutte le bevande possibili di questo mondo, acqua esclusa. Scorrono così nelle pagine, con molti spruzzi di storia e valanghe di aneddoti, il vino, la birra, i distillati, a cominciare dalla grappa, e liquori e poi le tante bevande caffeinate, il caffè su tutte, seguito da tè, cioccolata, cola e guaranà.
di Ian D’Agata e Michele Longo, Indipendently publishied
Toh, chi si rivede! Viene spontaneo esprimersi così di fronte al poderoso, aggettivo che ha più di un significato, titolo di D’Agata e Longo, due amici, così è spontaneo pensare, che sul vino la sanno lunghissima. Il motivo? Semplice: il volume altro non è che la traduzione in italiano dello stesso titolo proposto nella quarta edizione del Premio però in inglese. D’Agata e Longo mantengono le promesse espresse nell’ultima di copertina e negli scritti di presentazione: nelle cinquecento e passa pagine c’è tutto ma proprio tutto del Barolo, di ieri, di oggi e, così si promette, anche di domani.
di Francesco Annibali, Mimesis
Libro smilzo, poco più di cento pagine, però ponderoso per via del tema attorno al quale l’autore, già vincitore di un Premio Biblioteca Bruno Lunelli, danza con parole, paroloni, concetti, assiomi. Il succo, sentenzia l’autore, è che «la logica della degustazione è una logica non deduttiva né induttiva, più precisamente è una logica abduttiva, che procede per tentativi ed errori: una logica analoga a quella dei detective, dei medici e degli scienziati». E il libro, sentenzia ancora l’autore, è «di parecchia utilità a chiunque compia degustazioni sia in maniera professionale che ludica».
di Sergio Tazzer ed Enzo Michelet Kellermann
I vitigni sono giramondo come pochi e l’ennesima dimostrazione si svela in questa fatica letteraria a quattro mani di Sergio Tazzer ed Enzo Michelet, due che di vino ne sanno parecchio. Il vitigno giramondo che dà il titolo al libro ha i suoi natali in Stiria e da qui è arrivato nella Marca Trevigiana trovandovi l’ambiente ideale a tal punto da spingere il grande Veronelli a scrivere quanto segue: «Spianterei tutte, ma proprio tutte, le viti di Prosecco, Merlot, Cabernet e quant’altre e lascerei , per una sua mostruosa eccellenza, la vite del Wildbacher».
di Zeffiro Ciuffoletti e Paolo Storchi
Ancora verso la metà del diciannovesimo secolo il Chianti era boschi, piccoli borghi e castelli. Poche le coltivazioni di olivo e anche di vite, si creava, da tempo immemorabile, vino che godeva di buona fama e che, a seconda del colore, era chiamato vermiglio o trebbiano. Poca roba, comunque. Poi arrivò Bettino Ricasoli, barone che di finanze non stava troppo bene però gli riuscì di sposare una Bonaccorsi e le condizioni economiche cambiarono spingendolo oltre che alla politica alla viticoltura. Lui poi diventò, 1861, presidente del consiglio e il Chianti divenne il Chianti.
di Roberto Merlo, Leone Braggio, Elia Dalla Pozza, Giuseppe Mentore, Eleonora Rabassi, Elia Rancan, Uva sapiens
Gli autori fanno parte della squadra di Uva Sapiens, società di consulenza viticola ed enologica che, costituita più di dieci anni fa, ha sede a Farra di Soligo in provincia di Treviso e, quando occorre, anche casa editrice della quale questo libro è tra gli esempi. Libro, che è poi un manuale, nel quale vengono spiegate le più moderne tecniche di potatura del doppio capovolto e le regole che devono essere seguite. Il fine è quello di mantenere il flusso linfatico e il miglior stato sanitario della vite, con ovvi e naturali riflessi sulla sua longevità.
di Ivano Asperti e Luca Gonzato
PIWI è l’acronimo tedesco della voce Pilzwiderstandsfähige che letteralmente significa resistente al fungo. Oggi Piwi è voce entrata nel linguaggio internazionale di chi si occupa di vino ed è usata per identificare i vitigni resistenti, resistenti perché sono stati pensati e studiati per non cedere alle principali malattie fungine della vite, ovvero oidio e peronospora. I Piwi hanno anche ridotta sensibilità alla botrite, al marciume acido e nero, al freddo. Nel libro c’è tutto ma proprio tutto sui PIWI, storia, provenienza ed evoluzione raccontate da due bei nomi dell’enologia. Asperti ha vinto ex aequo la terza edizione del Premio